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Soluzioni proposte

Soluzione dell'esercizio 1  La distanza fra un punto (x0,y0) e una retta di equazione ax+by+c=0 è data dalla formula

\begin{displaymath}\frac{\left\vert a x_0 + b y_0 + c\right\vert}{\sqrt{a^2+b^2}}
\end{displaymath}

Si ottiene perciò

\begin{displaymath}d(P,L)=2/\sqrt{2}, \qquad\qquad d(Q,M)=\sqrt{2}/1,
\end{displaymath}

e quindi $d(P,L)=d(Q,M)=\sqrt{2}$.

Sia $\sigma$ la riflessione attorno all'asse delle y, allora evidentemente $\sigma(Q)=Q$ e $\sigma(L)=L$, quindi se $\varphi$ è una isometria con le proprietà richieste, allora anche $\sigma \circ \varphi$ ha le stesse proprietà e $\sigma\circ\varphi\ne\varphi$, quindi se una tale isometria esiste, non è unica.

Una generica isometria che porta il punto P su Q è del tipo

\begin{displaymath}\varphi(X)= A(X-P)+Q
\end{displaymath}

con A una matrice ortogonale. Se si vuole che $\varphi(L)=M$, allora la matrice A dovrà portare la giacitura di L su quella di M e il vettore P0-Psul vettore Q0-Q essendo $P_0\in L$ e $Q_0\in M$ i punti delle due rette che realizzano la minima distanza rispettivamente da P e Q. Una semplice verifica mostra che P0=(1,0) e $Q_0=(0,\sqrt 2)$ e che la giacitura della retta L è data da $V_L=\left\langle {}(1,1)\right\rangle$ mentre la giacitura di M è data da $V_M=\left\langle {}(1,0)\right\rangle$.

Indichiamo con vl e vM dei generatori, di norma unitaria, delle due giacitura, ad esempio $v_L=(\sqrt2/2,\sqrt2/2)$ e vM=(1,0) e con $u_L=(P_0-P)/\left\Vert P_0-P\right\Vert=(\sqrt
2/2,-\sqrt2/2)$ e $v_M=(Q_0-Q)/\left\Vert Q_0-Q\right\Vert= (0,1)$

Le condizioni su A sono allora equivalenti a richiedere che

\begin{displaymath}Av_L=v_M \quad \hbox{\rm {e}} \quad Au_L=\pm u_M
\end{displaymath}

ossia

\begin{displaymath}A\left(
\begin{array}{c}
\sqrt2/2\\ -\sqrt2/2
\end{array}\...
...ight)
=
\left(
\begin{array}{c}
\pm1\\ 0
\end{array}\right)
\end{displaymath}

da cui segue che

\begin{displaymath}A=\left(
\begin{array}{cc}
\sqrt2/2 & \sqrt2/2 \\
\sqrt2/...
...t2/2 & -\sqrt2/2 \\
\sqrt2/2 & -\sqrt2/2
\end{array}\right)
\end{displaymath}

Si ottengono per tanto esattamente due isometrie che verificano le condizioni richieste e precisamente

\begin{displaymath}\varphi_1(x,y)=\left(
\begin{array}{cc}
\sqrt2/2 & \sqrt2/2...
...
(x+y)/\sqrt2 -\sqrt2 \\
(x - y)/\sqrt2
\end{array}\right)
\end{displaymath}

e

\begin{displaymath}\varphi_2(x,y)=\left(
\begin{array}{cc}
-\sqrt2/2 & -\sqrt2...
...(x+y)/\sqrt2 + \sqrt2 \\
(x - y)/\sqrt2
\end{array}\right).
\end{displaymath}

Si osservi che ciascuna delle due isometrie trovate è la composizione dell'altra con la riflessione attorno all'asse delle y, che è l'unica riflessione non banale che porta la seconda configurazione su se stessa.     /icons/back.gif


Soluzione dell'esercizio 2  La retta r può essere scritta in forma parametrica come:

\begin{displaymath}r=\{(2-t,2t+1,t)\mid t \in \mathbb R\}
\end{displaymath}

e quindi un vettore direzione per r è v=(-1,2,1).

Osserviamo che un piano come nel punto 3) non può esistere, infatti se esistesse la direzione di r e la direzione di s dovrebbero essere ortogonali, ma un vettore direzione per s è w=(-1,2,-2) e $\langle v,w\rangle=1+4-2=3\ne0$.

Il punto P appartiene alla retta r, quindi ogni piano passante per la retta contiene anche P ad esempio il piano di equazione x+z=2. Chiaramente tale piano non è unico.

Date due rette sghembe esiste un unico piano passante per l'una e parallelo all'altra. Le rette r e s sono sghembe, infatti le loro direzioni sono linearmente indipendenti e non hanno intersezione in quanto il sistema

\begin{displaymath}\left\{
\begin{array}{l}
(1-t)+(1-2t)=2 \\
(1+2t)-2(1-2t)...
...
\left\{
\begin{array}{l}
t=0 \\
t=1/3
\end{array}\right.
\end{displaymath}

non ha soluzione. Quindi esiste un unico piano come al punto 2). Determiniamolo. L'equazione del fascio di piani passanti per r è data da:

\begin{displaymath}\lambda (x+z-2)+\mu(y-2z-1)=0
\iff
\lambda x +\mu y +(\lambda -2\mu )z = 2\lambda +\mu
\end{displaymath}

perché questo piano sia parallelo alla retta s, la sua normale dovrà essere ortogonale alla direzione di s e quindi

\begin{displaymath}\langle (\lambda,\mu,\lambda-2\mu),(-1,2,-2)\rangle=0
\end{displaymath}

ovvero

\begin{displaymath}-3\lambda+6\mu=0 \iff \lambda = 2 \mu
\end{displaymath}

Quindi il piano cercato ha equazione

2 x + y = 5.

    /icons/back.gif


Soluzione dell'esercizio 3  Le due coniche di equazioni rispettivamente x(x-1)=0 e y(x+y-2)=0 si intersecano esattamente nei quattro punti, quindi il fascio ha equazione $\alpha
x(x-1)+ \beta y(x+y-2)=0$, ovvero

\begin{displaymath}\alpha x^2 +\beta y^2 +\beta xy -\alpha x -2\beta y = 0.
\end{displaymath}

La matrice associata alla conica è allora data da:

\begin{displaymath}\left(
\begin{array}{cc\vert c}
\alpha & \frac{\beta}{2} & ...
...\\ \hline
-\frac{\alpha}{2} & -\beta & 0
\end{array} \right)
\end{displaymath}

Affinché la conica sia una parabola, dove essere non degenere e avere parte quadratica degenere. Questa seconda condizione è allora data da:

\begin{displaymath}0=\det\left(
\begin{array}{cc}
\alpha & \frac{\beta}{2} \\ ...
...} & \beta
\end{array} \right)=\beta(\alpha -\frac{\beta}{4}).
\end{displaymath}

Per $\beta=0$ la conica si riduce a x(x-1)=0 che è degenere (sono due rette parallele). Per $\beta=4\alpha$, posto $\alpha=1$, la matrice della conica si riduce a

\begin{displaymath}\left(
\begin{array}{cc\vert c}
1 & 2 & -\frac{1}{2} \\
2 & 4 & -4 \\ \hline
-\frac{1}{2} & -4 & 0
\end{array} \right)
\end{displaymath}

ed un semplice calcolo mostra che ha determinante pari a -9, e quindi la conica è non degenere e per tanto è una parabola.

Per tre punti non allineati passa una e una sola circonferenza. È immediato verificare che la circonferenza passante per i punti P1, P2 e P4 ha equazione x2+(y-1)2=1 e che quindi non contiene il punto P3. Per tanto nel fascio delle coniche passanti per i 4 punti non possono esserci circonferenze. Alla stessa conclusione si poteva giungere analiticamente, osservando che la condizione affinché una conica sia una circonferenze (parte quadratica di tipo ax2+ay2), nel caso della conica del fascio, si riduce a $\alpha=\beta=0$.     /icons/back.gif


Soluzione dell'esercizio 4  Consideriamo i tre polinomi Q1(x)=x2-1, Q2(x)=x(x-1) e Q3(x)=x(x+1). Li abbiamo scelti perché ognuno si annulla esattamente in due tra i punti -1,1,0. Se $P\in V^\perp$ allora

\begin{eqnarray*}0 & = & \langle P,Q_1\rangle = -4P(0)Q_1(0) = 4P(0) \\
0 & = ...
... = 2P(-1) \\
0 & = & \langle P,Q_3\rangle = P(1)Q_3(1) = 2P(1)
\end{eqnarray*}


e quindi P(0)=P(1)=P(-1)=0, ma l'unico polinomio di grado minore o uguale a 2 con tre radici distinte è il polinomio identicamente nullo, quindi $V^\perp=\left\langle {}0\right\rangle$ e quindi $\langle,\rangle$ è non degenere.

Osserviamo che i tre polinomi Q1, Q2 e Q3 costituiscono anche una base ortogonale. Per come sono costruiti, comunque se ne fissino due diversi almeno uno dei due si annulla su 0, almeno uno si annulla su 1 e almeno uno si annulla su -1, quindi $\langle Q_i,Q_j\rangle=0$ogni volta che $i\ne j$. D'altra parte nessuno dei tre è il polinomio nullo ed è ben noto che $\dim V=3$.

La soluzione proposta fa uso di una scelta opportuna dei tre polinomi Qi. Chiaramente si poteva partire dalla base standard di V data dai polinomi E0(x)=1, E1(x)=x e E2(x)=x2 ed esprimere la condizione di essere ortogonale a tutto lo spazio con $\langle P,E_i\rangle=0$, ottenendo in tal modo un sistema lineare nelle incognite P(0), P(1) e P(-1) che ammette solo la soluzione nulla.

Sempre a partire da tale base si poteva poi usare la costruzione standard (metodo di Jacobi) per ottenere una base ortogonale di V.     /icons/back.gif


Soluzione dell'esercizio 5  (i). Sia $v\in V$ esistono allora $u\in U$ e $w\in
W$ tali che v=u+w. Ma allora

\begin{displaymath}\langle v,v\rangle =\langle u+w,u+w\rangle=
\langle u,u\rangle+\langle w,w\rangle+2\langle u,w\rangle=\langle u,u\rangle\ge0.
\end{displaymath}

(ii). Siano $w_1,w_2\in W$ allora

\begin{displaymath}0=\langle w_1+w_2,w_1+w_2\rangle=\langle w_1,w_1\rangle+\langle w_2,w_2\rangle+2\langle w_1,w_2\rangle=2\langle w_1,w_2\rangle
\end{displaymath}

da cui la tesi.

(iii). Sia $v=u+w\in V^\perp$ con $u\in U$ e $w\in
W$, allora

\begin{displaymath}0=\langle v,u\rangle=\langle u+w,u\rangle=\langle u,u\rangle+\langle u,w\rangle=\langle u,u\rangle\Rightarrow u=0
\end{displaymath}

quindi $v=w\in W$, ossia $V^\perp\subseteq W$.

D'altra parte se $w\in
W$ e $v=
u+ w'\in V$ si ha che

\begin{displaymath}\langle w,v\rangle=\langle w,u\rangle+\langle w,w'\rangle=0+0=0
\end{displaymath}

e quindi anche $W\subseteq V^\perp$, da cui la tesi.     /icons/back.gif



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Domenico Luminati
1999-10-29